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Se tu vai via porti il mio cuore con te di Silvia Gianatti

Se_tu_vai_via_gianatti

Più o meno è andata così:

“La Gianatti ha scritto un libro”.

“Wow, devo averlo! E di che parla?”

“È il diario di una donna che perde il suo bambino all’ottavo mese di gravidanza“.

Eh no, non posso farcela. E voi sapete il perché.

E invece il libro poi l’ho letto e oggi sono qui a dirvi perché dovreste leggerlo anche voi, qualsiasi sia la vostra storia personale.

Amo come scrive Silvia (ve ne ho pa...

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Il fantasma delle pance future

Non è che non lo sapessi. Lo sapessi, eccome se lo sapessi. È che poi te li ritrovi davanti, addormentati come tanti angioletti, in pose chiaramente studiate con il capo coreografo della nursery: chi si porta la manina paffutella alla bocca, chi storce le labbra in quello che, non può essere, ma sembra proprio un sorriso e chi fa roteare gli occhietti, come piccoli cuoricini, volutamente al tuo indirizzo. E qualcosa nel tuo marmocchio-pensiero inizia a fare difetto.

Sono lì, con il naso appiccicato al vetro, che cerco di avvistare in quella schiera di guanciotte rosse il nuovo arrivato da cui siamo in visita. Qualcuno accanto a me sospira “Sono una meraviglia, non è vero?”.Oh se lo sono” rispondo vagamente sognante. “Piccoli angioletti in cerca d’amore e protezione” continua la voce accanto a me “cuccioli che aspettano solo un tuo sguardo, un tuo abbraccio”.

Ho gli occhi lucidi e le farfalle nello stomaco. I miei sospiri hanno appannato l’intero vetro della nursery rendendo praticamente invisibili i marmocchi che dormono beati nelle loro cullette. Mi volto per guardare l’autore di cotanta poesia, ma accanto a me non c’è nessuno. “Chi è stato a parlare?”.

Io, sono stata io” risponde una vocina. Storco la testa ancora un po’ finchè non la vedo, lì in piedi sulla mia spalla destra. Ha i capelli raccolti, non un filo di trucco e indossa un lungo abito a fiori dal quale sporge un enorme pancione. “E tu chi sei?” chiedo, prima che il panico s’impossessi di me. Ohmiodio! C’ho una gravida in miniatura sulla spalla e ci sto pure parlando!

Mentre son lì che decido da quale lato sarebbe meglio svenire, un’altra voce giunge dalla mia spalla sinistra...

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Robedamamma capitolo 11: qualcuno doveva pur dirtelo

La prima gravidanza è un momento magico. Il pancino che cresce, la gente che ti osanna, la tua espressione costantemente incantata e sognante. E i primi movimenti del fagiolino-patatino-pollicino, l’emozione delle ecografie, lo shopping a tappeto con l’alibi del “è per il mio amorino-cucciolino-polpettino”, anche quando è una borsa di Prada (“embeh? Dovrò pur mettere i pannolini da qualche parte quando saremo in giro, no?”).

Ed è il momento (l’ultimo della tua vita, ma tu questo ancora non lo sai) in cui dire “Io – me – mio“, coniugando i verbi al singolare, ha ancora un suo precisissimo senso. E mentre sei lì che ti cospargi di olio manco fossi una fettina panata, mangi come un orso bruno prima del letargo e ne approfitti per scansare ogni tipo di dovere con la scusa di doverti riposare (non tanto per te, quanto per il pulcino-topolino-ciccipuccettino che abita il tuo utero), la tua vita si sta facendo le valigie per andare in un posto dal quale non tornerà mai più.

Ma tu questo non lo sai. Non lo sai perché nessuno te lo ha detto. Anche se tu, amica mia, qualche segnale avresti pure potuto coglierlo.

VISIONI DISTORTE: al se...

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NonsoloTE e nonsolopiùME

Stabilire un confine tra mamma e marmocchio è cosa assai ardua. Anche le più toste neomamme, quelle che in gravidanza facevano comunque le quattro di mattina in discoteca con le amiche per dimostrare che no, l’arrivo di un bambino non avrebbe intaccato la loro libertà (fa niente che poi l’alba la facevano riverse sui divanetti a mo’ di pelle d’orso) faticano, davanti al loro piccolo, a riconoscere dove finisca uno e inizi l’altro.

 

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