Vita da bismamma
L’altro giorno ero lì che mi asciugavo i capelli, mentre cantavo Ymca e con la mano libera eseguivo la coreografia, così, per intrattenere la Sorellina che altrimenti si sarebbe buttata giù dal seggiolone. Ho iniziato a pensare.
Agli ultimi 12 giorni, per lo più, reclusi in casa a turni per malattia della Marmocchia. E a quella prima mattina di riconquistata libertà, in cui io e la piccoletta ci eravamo dedicate a far la spesa con calma, cantando per le corsie, come piace a noi, mentre ogni sei secondi qualcuno ci ferma per dirci “Uh quant’è carina sta Sorellina ” e cose così.
E pensavo, pensavo a quanto ci si possa sentire contemporaneamente sfinite e felici, ad essere mamma.
Lei intanto, dal seggiolone, era partita a contare: bue, bue… treeee! Che le piace proprio un casino.
Allora il pensiero mi è andato alla settimana appena cominciata, che sarebbe terminata con il saggio di danza della grande. Io, sempre la sua prima fan.
Il palco, l’emozione, i costumi.
I costumi? Caxxo, i costumi!
Mi ero completamente scordata che la maestra, un paio di settimane fa, prima che la Marmocchia si ammalasse, aveva accennato a qualcosa da cucire sopra il tutù. In un attimo, il panico.
Mentre già mi vedevo, come nel peggiore degli incubi, accerchiata da tutte le altre mamme che si davano di gomito, mentre io cercavo di cucire una cosa pailettosa e complicatissima sul costume di mia figlia, svelando la triste realtà che no, non so cucire, le dita avevano già preso a digitare nel gruppo di WhatsApp: Buongiorno a tutte, siamo mancate alle ultime prove, cosa avete deciso per i costumi?
Ma poi no, sebbene in allarme, il gruppo delle mamme di danza pareva troppo pure per me, e decidevo di scrivere a una sola mamma, super carina e sempre informata. L’unica che, se anche avesse dovuto dirmi che si era deciso di cucirci a mano un costume da charleston con tanto di boa di struzzo, piuma per piuma, me lo avrebbe detto con una delicatezza tale da farmi pensare che, dopotutto, non sarebbe stato così complicato. E comunque si sarebbe offerta di aiutarmi.
Intanto la Sorellina si era addormentata sul seggiolone, con la testa a penzoloni e un rivolo di bava che le colava sulla guancia. Che madre demmerda, mi sono detta, ma l’ho lasciata lì perché dormiva così bene e io avevo così tanto da fare, e poi solo cinque minuti, e tutte quelle altre scuse che noi mamme sfinite abbiamo sempre a portata di mano.
Ho sistemato casa e deciso di dare uno sguardo all’agenda, giusto per controllare le prossime scadenze lavorative.
A proposito, ve l’ho detto che lo scorso week end sono stata al Mammacheblog?
Come al solito due giorni di incontri belli e formazione, con tantissimi consigli preziosi per noi blogger. E infatti questo post lo volevo intitolare “Bue, bue… treee” ma poi mi sono ricordata della seo, già piuttosto agonizzante su questo blog, e allora no, l’ho intitolato “Vita da bismamma” che mi pare un poco meglio. Vedete quanto imparo in fretta?
E allora ho deciso di dare un occhio all’agenda, dicevo. Solo che da quando ho avuto la Sorellina, il tempo per scrivere è talmente diminuito che quest’anno ho riunito lavoro e vita privata su una sola agenda. E infatti l’ho aperta per ragionare sulle mie prossime scadenze, ed è finita che mi sono messa a chiamare il dentista della grande, il pediatra della piccola e fare l’elenco di quello che serve per:
a. Il saggio di danza
b. La gita scolastica
c. La festa di fine anno.
E ho detto tutto.
Intanto credo che fossero passati un po’ più di “fra cinque minuti la tiro giù dal seggiolone che altrimenti si spezza il collo” e sono andata a vedere. Dormiva placida, la testa poggiata sulle manine, il rivolo di bava ormai asciutto. Lo ammetto, l’ho pensato: magari solo altri cinque minuti…
Ma devo averlo pensato troppo forte perché lei poi si è svegliata e mi ha trovata così, con gli occhi nei suoi occhi, inconsapevole dei piedi già pronti per andare. Mi ha messo una mano sulla guancia e mi ha detto solo “Mamma”.
Demmerda non l’ha aggiunto, anzi, dallo sguardo pareva quasi compiaciuta che a quel nome, che tanto le piace ripetere (e ripetere, e ripetere) durante il giorno (e la notte), potesse finalmente abbinare il mio volto.
E allora l’ho presa in braccio e l’ho stretta forte forte, sia mai quel pensiero le potesse scappare via. E ci siamo messe a cantare Il coccodrillo come fa. Che, onestamente, non mi era mai parsa così bella prima d’ora.
È che la vita da mamma è proprio così: una giostra di pensieri ed emozioni in cui ti senti a turno mamma dell’anno o madre degenere. A volte prendi il “codino” e allora pensi di aver vinto davvero. Finché non scopri che il premio… era un altro giro di giostra!
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