Dalla pancia al cielo (affrontare la perdita di un bambino)

Amore consola

C’è questo peso che mi porto dentro e che avevo deciso di liberare quando sarei stata pronta, quando sarebbe arrivato il momento giusto.

Solo che poi il momento giusto non arrivava mai.

E allora ho deciso di lasciarlo andare ora, di farlo lo stesso, anche se non mi sento pronta per niente.

Ho pensato che magari, lì fuori, qualcuna ci sta passando proprio in questo momento. E allora, forse, avrebbe bisogno di sentire una parola di conforto da chi sa esattamente cosa le sta succedendo e possa alleggerire almeno un poco questo peso.

Quello che mi viene da dire, amica mia, è che io una parola di conforto che ti faccia davvero stare meglio non ce l’ho. Ma tu devi sapere che, anche se ora fatichi a crederci, vale la pena tenere duro, perché il buio in cui sei avvolta, presto si rischiarerà.

Puoi farcela, questo è certo, ma devi sapere che:

  • farà male, malissimo. Certi giorni ti sembrerà che sia tutto inutile, opaco, senza valore. Trovare uno scopo per alzarsi la mattina sarà una vera sfida. Lascia che ti dica che hai diritto di esprimere il tuo dolore nel modo che ritieni più opportuno. Non solo, hai diritto che tutti gli altri accettino questo tuo dolore senza giudicarlo, senza soppesarlo o sminuirlo. Pretendi rispetto, ora. Chissà perché pare che perdere un bambino in pancia sia un dolore di serie b, come non fosse un vero lutto, una vera perdita. Lo è.
  • Quello che ti sta capitando succede a una donna su cinque, eppure se ne parla così poco che a te sembrerà di essere la sola. Io stessa, quando ci sono passata (e ripassata) ho scoperto che prima di me tantissime donne che mi circondano avevano subito questa perdita. E non me ne avevano mai parlato. Chissà poi perché… Parlane, non tenere tutto dentro. Ti sentirai via via più leggera, meno sola, più compresa.
  • Chiedi aiuto. Ma sii pronta ad accettare anche i tentativi peggio riusciti di farlo. Per consolarti, le persone che ti vogliono bene, diranno milioni di cose che probabilmente ti faranno sentire più sola e arrabbiata. Per chi non ci è passato è piuttosto difficile capire come ci si senta davvero. C’è la delusione, il senso di colpa, la rabbia, lo sconforto, l’impotenza. Questo consiglio lo voglio dare allora a chi ti sta vicino: non occorre per forza parlare. Anzi, parlare talvolta può essere davvero una pessima idea. Ci sono tre cose che con me hanno funzionato: una scatola di cioccolatini, una canzone regalata da un’amica, un abbraccio silenzioso di lui.
  • Impara a perdonarti, fallo subito. Non è stata colpa tua.
  • La fase acuta del dolore passerà. Tu però non sarai più la stessa. Perdere un bambino è un’esperienza che ti cambia nel profondo. Personalmente non posso dire di essere diventata più forte. Anzi, se possibile, mi pare di essere ancora più fragile, più timorosa. Però una cosa credo proprio di averla imparata: apprezzare quello che ho, non dare mai niente per scontato, ringraziare per i piccoli miracoli quotidiani che spesso trattiamo come fossero dovuti. La mia vita è migliore oggi, in parte anche per questa esperienza.
  • E il papà? Se sei fortunata, come lo sono stata io, sarà le tue braccia e le tue gambe nei giorni in cui il dolore ti renderà incapace di muovere anche un solo dito. Non dimenticare che sta affrontando quel tuo stesso dolore. Nessuno può capirti come lui. Non escluderlo. Lasciati portare, lui sa dove state andando, e non c’è niente di male se per un po’ lascerai che sia lui a guidare (* la foto in apertura è proprio di quei terribili giorni, a testimonianza di quanto sia importante l’amore che consola, anche in silenzio).

Qualche tempo fa, prima di rimanere incinta della Sorellina, ho perso un bambino. L’ho perso che ancora nessuno lo chiamava bambino. Nessuno, tranne io e il suo papà.

Eppure, credetemi, non c’è altro modo di chiamarlo, nessuna ragione che tenga, nessuna età gestazionale, né evidenza medica o convenzione sociale: quello era già il nostro bambino. Anche se non lo abbiamo mai avuto tra le braccia.
Pochi mesi dopo è successo un’altra volta.
È stato il periodo più buio della mia vita. Il più difficile, il più triste, quello in cui mi sono sentita più sola e sconfitta. Tirarsi su è stata la parte più dura. Affrontare la routine, i sorrisi forzati fuori e dentro casa, cercare di non scoppiare a piangere in mezzo alla gente, prestare comunque attenzione agli altri, gioire per la felicità altrui. Mentre dentro sprofondavo di giorno in giorno in un abisso buio e senza fondo.
Parlarne è stato complicato fin dall’inizio. Lo stesso mi sono sforzata di farlo, anche se poi, ancora oggi, sostenere la conversazione mantenendo il mio sguardo in quello dell’altro mi risulta piuttosto difficile.

Se stai affrontando questa perdita, lo so, hai un’unica domanda: quando passerà?

La risposta, amica cara, e me ne dispiaccio, e che non passerà mai del tutto.

La tua vita riprenderà i suoi ritmi abituali. Ricomincerai a sorridere, ad essere leggera, a volte persino spensierata e presente, sì anche presente, a te stessa e agli altri. Il pensiero inizierà a volare meno spesso a quel dolore, a quella perdita. Eppure resterà lì, da qualche parte nel tuo cuore, come un’ombra, una cicatrice.
È normale e bisogna accettarlo. D’altra parte le cicatrici, si sa, sono fatte per ricordarti che te la sei vista brutta, ma alla fine hai vinto tu.
E questo non devi mai dimenticarlo.
Ti auguro tutta la felicità di questo mondo, vedrai che arriverà, occorre solo un po’ di pazienza (lo so, lo so, odi quando te lo dicono, però devi credermi, è vero, presto starai meglio).

E se hai voglia di parlarne, sono qua.

Ndr. In questo post, appositamente, ho evitato quelle parole che tanto mi ferivano quando ci sono passata. Termini asettici e spietati che pare servano a prendere il giusto distacco da questo evento doloroso. Non so se sia vero, non sono certo una psicologa, ma qui ho voluto semplicemente raccontarvi la mia esperienza e chiamare le cose con il loro nome, con il nome che sentivo nel mio cuore. Ci sarà tempo di affrontare l’argomento anche in altro modo e da altre angolazioni. Ti prometto già da ora che lo farò.

Parlarne non è solo giusto ma è anche tanto importante, e mi scuso se io ci ho messo così tanto a farlo. 

10 comments to Dalla pancia al cielo (affrontare la perdita di un bambino)

  • Michela  says:

    Volevo lasciare un commento perché se tu ci sei, io ci sono. Ma non ho niente che posso dire, non ho agganci nella mia storia per questo. Però una cosa l’ho imparata: quando arrivi a parlare della tua vulnerabilità per far sentire meno solo qualcun altro, hai vinto tu. Sei diventata più grande del tuo male. Basta, sto zitta e lascio parlare chi sa dire cose più sensate. Ti abbraccio forte Vale.

    • robedamamma  says:

      Micky la cosa straordinaria è che tu (che non hai agganci alla tua storia personale) hai fatto uno dei tre gesti che ancora oggi ricordo. La canzone… ti ricordi? Chissà se ti ho detto mai abbastanza grazie! Tvtb

  • Barbara  says:

    bellissimo post. leggerlo è stato come fare un’immersione negli angoli più nascosti della mia anima. E adesso sono un po’ frastornata. C’è una frase che mi ha, + di tutte, toccato dentro. Non è colpa tua. Ogni giorno, ogni sacro santo giorno il mio pensiero vola a quel giorno. Ma sai cosa fa + male? i miei “Se”. Se non fossi andata a lavorare, se fossi stata + a riposo, se …tanti se….E’ colpa mia. Me lo ripeto ogni giorno. Anche se mi avevano detto fin da subito che era una gravidanza difficile. Ma io mi ripetevo che ero la sua mamma, e l’avrei protetto…e invece ho fallito. La cosa + difficile, come hai scritto tu, era affrontare quelli che ti dicevano..Va bhe dai, riprovaci! Riprovaci cosa??? non è mica una partita di tennis. Ora basta perchè fa un po’ tanto male. Preferisco rimettere il mio dolore nascosto bene bene. La mia stellina vive dentro nel mio cuore e negli occhi della sua sorellina.Grazie. mi sento un po’ meno sola. Bacio

    • robedamamma  says:

      Ah, i riprovaci. Mi uccidevano! Non darsi la colpa è difficile, difficilissimo, ma è così, dobbiamo imparare a perdonarci. Ti abbraccio e grazie di avermi aperto la porta sulle tue emozioni.

  • Daniela Poggi  says:

    È vero: se ne parli per aiutare gli altri, hai proprio vinto.

    • robedamamma  says:

      🙂 è stata dura ma sono felice di averlo fatto.

  • Mara  says:

    Ho visto amiche soffrire tantissimo per questo lutto. Le ho viste piegarsi, piangere e disperarsi perche` nessuno le capiva e si sentivano dire che dovevano riprovarci e lasciarsi tutto alle spalle.
    E ho trovato tutto tremendamente ingiusto perche` e` di un vero e proprio lutto che stiamo parlando e la gente non lo capisce.
    Parlarne, pero`, tra noi donne penso ci faccia sentire meno sole e sbagliate quando ci succede.
    Grazie per aver condiviso con noi questo terribile dolore.

    • robedamamma  says:

      Sì, è vero, spesso non si riesce a capire che si tratta di un vero e proprio lutto. Per questo, secondo me, è necessario pretendere rispetto. Grazie per aver condiviso la tua esperienza.

  • Carla  says:

    Ho visto adesso il tuo video su youtube in cui parli dei tuoi aborti… mi dispiace tanto. Io ho appena avuto il secondo in meno di un anno, ho già un bambino che per fortuna mi da la forza di andare avanti, ma sono devastata e soprattutto adesso cerco risposte e spiegazioni, perché uno può capitare, ma due… ho il terrore di dover rivivere questa terribile esperienza. Volevo chiederti se tu dopo il secondo aborto hai fatto delle indagini, se c’era una motivazione o se semplicemente ci hai riprovato ancora ed é andato tutto bene ( se ti senti di rispondere, ovviamente)
    Per me la vita di ogni giorno é diventata pesante da offrintare, ho sempre un nodo alla gola ed é come se non vivessi davvero.
    Grazie per aver scritto di questo

    • robedamamma  says:

      Ciao Carla, spiace molto anche a me per le tue perdite e capisco bene il tuo terrore, lo stesso che ho provato anche io.
      Purtroppo quando hai già un altro figlio si tende a pensare che sia stata sfortuna. Io però, su consiglio della mia dottoressa, dopo il secondo aborto ho fatto alcuni accertamenti che hanno portato a delle ipotesi. Durante la gravidanza della mia seconda bambina o assunto un farmaco per la tiroide che mi era stato prescritto proprio per quelle ipotesi fatte. Questa gravidanza è andata liscia ma non posso dire con sicurezza che sia stato per il farmaco (potrebbe essere andata così comunque). Non avere risposte certe era la cosa che mi mandava più in ansia, lo ricordo bene, perciò capisco come ti senti ora. Quello che hai scritto “è come se non vivessi per davvero” mi ha colpita moltissimo. Era proprio quello che sentivo io. E mi sentivo in colpa anche per la mia prima bambina che ai tempi era piccola ma non così tanto da non accorgersi delle mie “assenze”. Era tutto complicato, come se ci fosse una nebbia che copriva tutto. Poi la nebbia è pian piano diminuita. Ci ho riprovato ed è andata bene. Non potevo saperlo, è stato comunque un rischio che a un certo punto mi sono sentita di correre. Non ci sono purtroppo consigli validi che posso darti ma posso dirti che ti auguro di decidere serenamente per quello che vorrai fare e che i tuoi desideri si avverino. Se hai bisogno di sfogarti sono qui, puoi scrivermi anche via mail. So cosa stai passando e so quanto ci si possa sentire soli. Perciò sono qui. Ti abbraccio

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