Not a party girl

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Settembre. Ricomincia l’anno e si riprende il giro delle feste, marmocchie e non.

Non sono la “Regina della festa”. Mai stata, a dire il vero. Sapete no? Quelle che a qualsiasi party le inviti si presentano con l’abito adatto e il regalo azzeccato. Parte la musica e loro sono già in pista, perfette nei loro movimenti anche quando non stanno ballando. Le vedi e sono sempre a loro agio, un cocktail in mano, il sorriso sulle labbra, gli occhi di tutti addosso. Il loro raggio d’azione va dal centro della pista a quello della scena. Gli angoli non li frequentano nemmeno per appenderci il soprabito. Le sedie non hanno mai conosciuto i loro didietro.

A un party, ma più in generale a un evento qualsiasi, se vuoi trovarmi basta guardare alle pareti della sala, meglio seduta e possibilmente in zona buffet. Nonostante abbia ballato per più della metà della mia vita, quando parte la musica o l’animazione, un senso di inadeguatezza mi pervade. Se poi fiuto anche lontanamente la possibilità di essere coinvolta, in un gioco, in un ballo o nella qualunque attività, è il panico. Di solito è quello il momento in cui cerco il bagno e, una volta dentro, coltivo le mie per ora scarse facoltà di teletrasporto.

Pensavo questo qualche giorno fa, a una festa di marmocchi che si è trasformata poi in un vero e proprio dance party per adulti. Lo pensavo, mano per mano con la Marmocchia, sfilando (si fa per dire) davanti agli invitati, mentre un tizio vestito da clown urlava nel microfono “più piano signora, più piano, è una sfilata non una maratona”. Poveretto, deve essere stato un momento davvero basso per la sua carriera.

Stare al centro dell’attenzione mi crea qualche problema da sempre. Di solito questo disagio si traduce in una velocità di parlata non percepibile dall’orecchio umano, colorazione accesa del viso, fronte imperlata di sudore e una tendenza a gesticolare in maniera piuttosto scomposta.

I’m not a party girl. Sono piuttosto Baby nell’angolo, con la differenza che nell’angolo mi ci metto da sola e non ho nessun desiderio che qualcuno mi ci venga a cavar fuori.

L’unico Johnny che c’è stato, in tanti anni di silente carriera ai party, si è ritrovato coinvolto in un lento sotto gli occhi dei miei genitori, mia sorella, due zie e mia nonna, più un numero imprecisato di vecchini metà dei quali non arrivarono svegli alla fine della serata. Avevo 15 anni, ok, ma non è che le cose da allora siano molto cambiate.

Amo le feste. Che siano di bambini o no. Ma ho scoperto, ultimamente, che il motivo per cui amo andare alle feste è la possibilità di estraniarmi, osservare la gente, prendere appunti mentali. Lo so, lo so, fa un po’ disadattato sociale, ma è così.

Alle feste io osservo. Prendo nota mentalmente. Scrivo una cifra. Non fisicamente, sia chiaro, quello sarebbe forse un tantino eccessivo. Scrivo nella mente.

Perciò, se mi invitate a una festa e poi mi trovate nell’angolo che scruto l’orizzonte assente, pop corn alla mano, tranquilli: quello è il mio picco di divertimento!

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