Se la felicità fosse una questione di caselle da spuntare

Certi giorni la rabbia mi acceca. Rabbia, sì. Non è una parola che mi piace utilizzare, ma è la verità e non saprei che altro termine usare.

Sono arrabbiata per tutte quelle cose di cui si parla sempre con una certa rassegnazione. Quasi fossero dati di fatto immutabili. Lo stile di vita avvelenato del nostro tempo. La difficoltà costante nel gestire lavoro, famiglia, casa, affetti. La famosa conciliazione famiglia-lavoro che poi si concretizza in quell’odiosissimo “Tuo figlio sta male? Non puoi mica stare a casa, fai già il part time”. Chiederò alla mia bambina di ammalarsi solo dopo le 14.

Questo paese che si trascina avanti ormai da anni, nel tentativo di far rigermogliare qualcosa di buono. Ma il marcio ha intaccato le radici. Peccato, perché ci sarebbe così tanto da offrire.

Ma che te la prendi a fare, si sa che va così.

E già. Perché combattere per uno stile di vita migliore, quando puoi arrenderti e tirare a campare? E aspettare. Ma cosa? Un momento migliore. C’è crisi, oggi, meglio attendere che passi.

C’è crisi? Oggi? Scusate, ma la crisi c’è da quando sono al mondo.

C’era crisi quando dovevo scegliere l’università, c’era dopo la laurea e quando sono rimasta a casa in maternità. A lavoro non ci sono più tornata. C’è crisi, l’azienda chiude.

Hai una bambina appena nata? Che vuoi farci, c’è crisi. Stavolta davvero.

Sempre detto io che prima si scherzava.

Io però il lavoro lo trovo. Un part time, il sogno di tutte le mamme. Certo, prendi meno soldi con quattro ore di lavoro, tuo marito deve chiudersi in ufficio almeno il doppio del tuo tempo, tutti insieme in famiglia si sta poco e male. Se chiedi un permesso ti fanno le violenze psicologiche del tipo “già non lavori praticamente mai, che vuoi, pure le ore di permesso?“. Però sono fortunata, eh. Sapete, c’è crisi.

Tutto questo (perdonatemi) lunghissimo preambolo (o sfogo, che dir si voglia) nasce dalla riflessione mensile su Donna Moderna Bambino per il Blog Tank, il nuovo blogthinking network.

Questo mese si parla appunto di conciliazione famiglia-lavoro. E  a me la rabbia monta peggio che mai.

Ma che vuoi, tu? Col tuo part time? Cosa ti manca?

Eh già. Se la felicità fosse una questione di caselline da spuntare avrei di certo vinto qualche premio.

Lavoro part time: fatto.

Famiglia: fatto.

Casa: fatto.

Amicizie: fatto.

Fa niente poi se il quotidiano è un continuo rubar tempo ad altro per viverne un po’ più insieme. In famiglia.

Non importa se le giornate sono tessere da incastrare per godere del quadretto di noi tre insieme solo a puzzle completato e per qualche brevissimo istante, a cui ci arrivi senza energia fisica e mentale.

La conciliazione famiglia-lavoro è un argomento sul quale i genitori si arrovellano nel tentativo di trovare una soluzione che consideri i bisogni, i desideri e la realizzazione personale di tutti i membri della famiglia.

Pare poco, eh?

Si cercano soluzioni. Si trovano. Poi però fanno paura. E per metterle in pratica ti giochi notti intere di sonno.

Allora io volevo dare la mia piccola, e sgangherata, proposta personale, volta a migliorare non solo la vita delle mamme, ma anche quella dei papà. Perché, almeno per quanto mi riguarda, il problema è tanto della mamma quanto del papà. O così dovrebbe essere.

Lo avete letto questo articolo di Simone Spetia?

Cosa potrebbero essere loro (i figli n.d.r.) se i gli stessi più accanto, se portassi il mio carico di esperienze di vita diverse da quelle di mia moglie … se portassi me stesso, per il solo fatto di essere un maschio e quindi diverso da lei?

Io vorrei un mondo dove mamma e papà (in egual misura) non siano costretti a vivere la famiglia soltanto nei ritagli di tempo.

Io vorrei un mondo in cui si lavora a condizioni più umane, nel rispetto delle esigenze ed inclinazioni personali e delle priorità familiari.

Questa la mia (scalcagnata forse e di certo attaccabile da molti punti di vista) proposta:

Per le mansioni che lo consentono: incentivare il lavoro da casa rapportando gli stipendi agli obiettivi raggiunti. Devi portare a termine un lavoro entro un certo giorno? Bene, lo fai prendi i soldi, non lo fai non becchi un centesimo. L’azienda abbatte i costi, il lavoratore ha stimoli diversi e la possibilità di lavorare nelle ore che ritiene più consone all’assetto familiare.

Per le mansioni che non lo consentono: attivare una turnazione ragionevole per creare più posti di lavoro. Tener conto della distanza dall’abitazione al luogo di lavoro e ripartire le risorse in maniera più intelligente (in molti casi si può fare, non ditemi di no) potrebbe essere un punto di partenza.

Incentivare i talenti personali per la creazione di aziende familiari. Investire i soldi dei contribuenti dirottandone buona parte su chi può creare nuova ricchezza. Mamma e papà con un talento, che non possono avviare un’attività perché non hanno le risorse per farlo, ad esempio. Ascoltiamo i loro progetti. Se li troviamo interessanti incentiviamoli. Si potrebbero creare (addirittura) nuovi posti di lavoro e ricchezza in più per il nostro paese.

Sono idee sciocche? Superficiali? Supposizioni aggredibili da mille punti di vista?

Per me sono semplicemente il frutto dei ragionamenti di una mamma stufa di dover rubare tempo al tempo  per essere davvero felice con la famiglia che si è creata. La vita non dovrebbe essere semplicemente qualcosa che accade indipendentemente dalla nostra volontà.

 

5 comments to Se la felicità fosse una questione di caselle da spuntare

  • Lucia  says:

    in pratica tu vorresti lavorare in luxottica 😛 se facessero tutti come loro il problema non si porrebbe.

    Scherzi (ma neanche tanto) a parte, io ho due figli ma non ho il part-time, e per quanto mi pesi, davvero penso che la qualità del tempo che passo coi miei figli è più importante della quantità. E a questo fine secondo me è importante anche avere dello spazio per sé, senza sensi di colpa perché lo si toglie ai bambini. Se si è più rilassate noi, lo si è anche coi figli. Quindi una serata ogni tanto con le amiche aiuta molto 😉

    • robedamamma  says:

      Assolutamente vero: qualità meglio che quantità e la realizzazione personale in questo aiuta molto! 🙂

  • Michela  says:

    Vale, tu sai molto bene quanto posso essere al tuo fianco in questo. E quanto mi arrabbio, quanto mi INCAZZO quando si parla di esigenze vere e importanti tanto quanto l’acqua e il cibo, che sono quelle di vivere la vita vicino a chi ami e di poter creare qualcosa di bello: e te le fanno pesare come se fossero un lusso, e alla fine sei così stanco che ci credi davvero che siano un lusso. E allora ‘sto gigante di argilla che è il lavoro in italia, avanza immenso e lentissimo per forza di inerzia soltanto perché chi sta in fondo è troppo sfinito per cambiarlo e chi sta in cima troppo pigro e demotivato. E sarebbe meglio per TUTTI, per il fondo e anche per la cima!
    Spostare il controllo dall’operatività al risultato
    Liberarci della mentalità operaio-padrone, e dio sa che non sono comunista ma è proprio questa che ci frega
    PRETENDERE cibo e acqua per la mente come li pretendiamo per il corpo. Perché sono un DIRITTO e una NECESSITA’, e non un lusso. E certe volte pretendere queste cose richiede un coraggio che nemmeno si sa.
    Sono con te, Vale: abbiamo da fare. Non mollare, che non sei sola. Abbiamo da fare.

    • robedamamma  says:

      Micky, come lo hai detto tu non avrei saputo farlo io nemmeno in un milione di anni. Ci sono! Non mollo. Abbiamo da fare!!

  • Manuela  says:

    Ciao!!!!!!!!!!!!!
    io credo che il tempo sia il dono più importante da imparare a gestire,
    Tempo per amare,
    tempo per creare,
    tempo per sognare,
    insieme ad altri o da soli…
    è ben diverso dal tempo “regalato” per sopravvivere!!!!
    Io sono sempre alla ricerca di ritagliarmi tempo per vivere degnamente, e con gioia su questa terra!!!!!!!!!!e godere di quello che amo!!!!!!!!!!!!!
    Baci
    Manu

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