NonsoloTE e nonsolopiùME
Stabilire un confine tra mamma e marmocchio è cosa assai ardua. Anche le più toste neomamme, quelle che in gravidanza facevano comunque le quattro di mattina in discoteca con le amiche per dimostrare che no, l’arrivo di un bambino non avrebbe intaccato la loro libertà (fa niente che poi l’alba la facevano riverse sui divanetti a mo’ di pelle d’orso) faticano, davanti al loro piccolo, a riconoscere dove finisca uno e inizi l’altro.
Si incomincia con il parto. Guardi uscire dal tuo corpo quell’esserino appallottolato e la tua mente inizia a divagare alla ricerca di mille risposte. A parte il classico “Ma come faceva a starci dentro la mia pancia?”, o l’evergreen “L’ho fatto proprio io?”, davanti al taglio del cordone si ha un po’ la sensazione che ti stiano separando da qualcosa di tuo.
Pensi “Esce da me. Quindi è parte di me”. E la tentazione sarebbe quella di dire “Spetta un po’, fa vedere che c’ha in mano? Non è che s’è portato via un souvenir delle mie parti basse? Che ne so, un pezzo d’utero, mezza milza. Che si sa, stì bambini d’oggi come sono precoci”.
Per nove mesi siete stati due persone in una sola. E ora quel fagottino esce, diventa un’altra persona, una persona “altra” da te. E non è che a te stia poi più di tanto bene. Reclami la tua indipendenza, giuri che la maternità non ti ha affatto cambiata, che sei e sarai sempre te stessa con la tua individualità. Poi però se il marmocchio fa i sorrisi in direzione del salumiere o del vicino di casa un po’ ti scoccia. Rivuoi la tua libertà ma allo stesso tempo staccarti dal marmocchio, smettere di parlare per due, pensare per due, decidere per due, ti riesce davvero difficile.
Bel dilemma sì. Un dilemma sul quale, ovviamente, pediatri e psicologi di tutto il mondo si sono affannati a scrivere tonnellate di libri evidenziando il rischio che la madre si annulli nel proprio marmocchio.
Come avrete capito questo blog pone problemi ma non soluzioni (ché se avessi le soluzioni non starei qui a tenere un blog!). E poiché credo fermamente che quelli che scrivono le teorie non hanno marmocchi in giro per casa (altrimenti non avrebbero tempo per scrivere le loro teorie), ho un’unica opinione (del tutto personale) in riguardo: sentirsi tutt’uno col proprio bambino è istintivo, non giusto, non sbagliato, semplicemente naturale.
Volerlo allattare il più a lungo possibile, “tormentarlo” con coccole e bacini dal mattino alla sera, non riuscire più ad usare il singolare (“abbiamo fatto taaanta cacca!”) fa parte di un percorso obbligato che non ha alcuna certezza se non quella che prima o poi sarà lui stesso a farvi capire quando sarà ora “di basta”.
E per quelle di voi che sperano non sia prima della laurea, vi informo che, nella maggior parte dei casi, ciò avviene in media tra il secondo ed il terzo anno di asilo quando il marmocchio vi guarda, guarda i suoi amichetti e solenne vi dice: “mamma, oggi niente smancerie”. E vi si lascia così, con un bacio incastrato fra le labbra e il cuore.
E voi che ne pensate? Vi spaventa la prospettiva che prima o poi il marmocchio non sarà più dipendente in tutto e per tutto da voi o non vedete l’ora che si affitti un appartamento in centro per conto suo?
Ciao,
diciamo che condivido totalmente e sposo le tue sensazioni.
L’ingresso alla materna, lasciare lui, il mio piccolo teppista non ancora trenne solo, magari in lacrime, mi spezza il cuore solo al pensiero!!!!!!!!!!!
Come farà?
Ma il vero problema è “Come farò io?” Come non fargli sentire che quel giorno io sarà profondamente triste?”
E poisarà un escalation di allontanamenti e avvicinamenti!
Però poi con il cervello lucido mi dico “Io devo volere ed esssere felice se lui impara a vivere in perfetta autonomia….io ci sarò (ma nemnneno sempre!) ma la sua vita è tutta da costuire con altri, mica solo con me!!!!!”
Baci alla marmocchia…e a voi
Organizziamo una domenica…magari ad Aprile? una bella gita insieme?
Manu
Non me lo dire, se penso alla materna mi sento mancare!
Sì sì organizziamo!!!! :-)))
ho letto e ho sorriso. Un abbraccio 🙂